The last of God of war: prime impressioni a caldo

Lo so, lo so ragazzi il gioco è uscito da fine aprile e molti di voi lo avranno già terminato, ma approfittando dei “days of play” di Sony mi sono procurato la mia bella copia di God of War (fisica ovviamente) ed ho iniziato quest’ultimo capitolo in compagnia di Kratos e figlio.

God_of_War

Da quel lontano 2005 in cui lo spartano fece la sua comparsa su Playstation 2 di anni ne sono passati ben 13. Kratos è invecchiato, come me, ma lui ha procreato e si presenta fin da subito in compagnia di Atreus, ragazzino un pó rinco (per ora) e scosso **spoiler** per la recente morte della madre **fine spoiler**.

Sapevo che non mi sarei trovato davanti il solito picchia picchia tamarro grazie alle varie recensioni lette in rete e quindi non sono stato colto di sorpresa più di tanto quando, un Kratos padre, mi ha preso per mano e condotto lungo la strada che ci porterà verso il finale di questa storia, di questo The last of God of War. Senza menar le mani, ma facendomi percepire il peso e le preoccupazioni che un genitore lasciato da solo a doversi occupare di un bambino deve affrontare.

Per ora Ho giocato un paio d’ore, quindi mi manca ancora molto (temo, spero!?), ma mi va di condividere qualche pensiero in base a ciò che ho visto e le sensazioni provate.

Mi piace il nuovo look del protagonista, è giusto vederlo invecchiare, a mio avviso aggiunge spessore al personaggio e rende credibile la sua storia. Mi piace la nuova impostazione di gioco, segna un taglio netto con i capitoli precedenti. Un po’ meno hack ‘n’ slash, un pò più gioco maturo con una storia. Good.

La telecamera non stacca mai, ancorata saldamente alle spalle del protagonista dà una sensazione di velocità costante e tensione. Pure quando porti in braccio un cinghiale… per dire…. Scelta dal netto stile cinematografico, scelta che mi piace. Goduriosa la sensazione che l’ascia del Leviatano da ogni qualvolta la si richiama a sé in stile martello di Thor! Un pò meno gradita la disposizione dei tasti attacco affidata ai dorsali destri invece che i classici tasti X, O etc….. (si possono riconfigurare credo).

Ammetto che inizialmente mi ha preoccupato il fatto che a cinque minuti dall’inizio non avessi ancora massacrato orde di nemici e fatto sanguinare i tasti del pad, ma poco dopo **spoiler** una bella scazzottata iper-tamarra con “lo straniero” mi ha ricordato che comunque questo è pur sempre un God of War cazzarola! e quanno ce vò ce vò! **fine spoiler**.

Sto giocando su una Playstation4 della prima infornata, niente cura dimagrante ed HDR e niente qualifica pro ed è forse per questo che la grafica mi sembra bella sí, ma nemmeno poi tanto. Mi spiego meglio: il gioco è fatto bene, benissimo considerando l’hardware su cui gira, ma non ho ancora gridato al miracolo. Cosa che invece con Uncharted 4 mi era capitato. Ho notato anche qualche rallentamento nelle fasi di combattimento più concitate e delle texture sui modelli dei nemici “ciccia da cannone” a dir poco bruttine. Probabilmente siamo di fronte al canto del cigno dell’attuale generazione Playstation e se posso: é anche ora!

Detto ciò: è un viaggio che mi sento di proseguire? Si! Assolutamente! Voglio capire di più sulla storia ed ho fiducia che i ragazzi di Santa Monica Studio abbiano messo lungo la strada rimasta da percorrere dei momenti epici tutti da scoprire ed assaporare e che grazie ad essi potrò mettere questo God of War sul podio dei migliori giochi PS4 ever!

Nintendo come Apple?

Ho una/uno Switch da luglio del 2016 ed ho giocato solo Mario Odissey e Mario + Rabbids kingdom battle… Ho anche Zelda breath of the wild ovviamente, tranquilli, ma non ho ancora avuto il tempo di immergermi nel suo mondo sconfinato o forse più semplicemente non ho avuto tempo.

Ci penso e mi dico: 3 giochi in un anno non sono molti, forse non è una buona console? No, no! La console è indubbiamente valida. Non importa se arretrata a livello hardware rispetto alle controparti Sony e Microsoft poiché ha dalla sua la portabilità (mica poco) ed alcune esclusive che sono certamente delle perle.

Di recente ho preso per “soli” 33€ Ultra Street Fighter II grazie ad una offerta di Amazon, risparmiando così qualche euro e proprio giocando a quest’ultimo mi é venuto in mente il titolo dell’articolo che state leggendo.

Non sto dicendo certo che questo street fighter sia brutto o convertito male, alla fine è uno SF 2D punto! Dico solo che i 40€ richiesti normalmente per averlo mi fanno storcere il naso. Si tratta di un gioco sì rimasterizzato graficamente (a me piace di più nella sua veste vintage, ma de gustibus oh!), ma pur sempre un gioco che ha la sua età, un gioco piccolino, passatemi il termine, un gioco che starebbe bene nel range dei 10/15€. Oltretutto questa “rimasterizzazione” non è che la trasposizione di Super Street Fighter II Turbo HD Remix risalente al 2009 ad opera di Udon Entertainment. Parliamo di parecchi anni fa.

Hanno aggiunto la modalità: Way of the Hado ok… ci avete giocato molto? io no.

Caro quindi. Troppo caro. Ed arriviamo così al titolone: Nintendo come Apple?

Cosa faccia percepire ad ognuno di noi come “caro” un qualcosa può essere dovuto a vari fattori: affetto, collezionismo, disponibilità economiche, pazzia etc etc… Varia da persona a persona, ma è indubbio che i prodotti della Mela morsicata (ai tempi) hanno un price-tag non proprio per tutte le tasche. Con i giochi Nintendo Switch, seppur in maniera inferiore, assistiamo ad uno scenario simile.

Non è che non mi passi mai per la testa di comprare un gioco per l’ammiraglia della grande N, i giochi di terze parti escono normalmente anche su questa piattaforma, ma girando su Amazon o Ebay e controllando i prezzi dei giochi che mi interessano ogni sacrosanta volta noto come lo stesso gioco abbia due prezzi diversi a seconda che sia su Ps4 o su Switch, per dire… nel momento in cui scrivo queste righe per esempio Battle Chasers Nightwar su Amazon costa la bellezza di 38,39€ su switch, 26,90€ su Ps4 e ben 13,05€ su PC! Ancora un esempio (ce ne sarebbero molti) Doom costa 51€ per switch e 15€ per Ps4 etc etc…

Da consumatore medio che deve cacciare fuori i soldi per procacciarsi alcune ore di intrattenimento videoludico e non essendo milionario, faccio attenzione alle offerte e cerco sempre di spendere il meno possibile. Alcuni potrebbero dire mozzone, io preferisco: non essere coglione! Normale no? Alla fine non si tratta di beni di prima necessità e se anche gioco God of War non al day one non casca il mondo (o quasi mortacci sua!). Mentre posso generalmente soprassedere sul prezzo alto di una esclusiva tripla A Nintendo tipo Zelda BOTW o Super Mario Odissey e spendere 50/60€ più o meno a cuor leggero, non riesco proprio a giustificare una tale forbice su giochi multipiatta. So già cosa state per dire: “quei giochi su Nintendo Switch costano di più perché sono usciti dopo, in tempi più recenti rispetto alle altre consoles…”

Si, ma scusate a me cosa me ne frega? Peggio ancora! Mi stai chiedendo più soldi per:

a) un gioco non recente uscito, se va bene, sei mesi fa.

b) quasi sempre la conversione su switch è tecnicamente inferiore per ovvie ragioni hardware.

c) sticazzi!

Va bene la portabilità etc etc, ma qui Nintendo ha deciso si sbattersene (sai che novità) e mette i prezzi che vuole forte del folto zoccolo duro che le vuole bene sempre e comunque, come tra l’altro il sottoscritto.

Mi potete dire che riversare i giochi sulle cartucce é più dispendioso rispetto al media Dvd/Raggioblù, ma non gliel’ho mica chiesto io di adottare un supporto dispendioso e nostalgico.

Ho letto di recente che Nintendo non dà nessuna libertà alle software house di decidere come e quando mettere in saldo i propri titoli sull’apposito eShop. Ecco perchè le copie digitali costano esattamente come quelle fisiche, senza darti nulla in mano e di fatto azzerando quasi i costi di riversamento su cartuccia. Chapeau!

Che dire…. per quanto mi riguarda continuerò a supportare Nintendo è ovvio, ma lo farò sempre con un occhio al portafogli. Se usciranno esclusive di peso sarò ben contento, mentre per i multipiatta cara N guarderò, salvo casi particolari, altrove.

Cinquina Giappone.

Eccoci, tornati dalla quinta sortita in territorio nipponico. Il rientro è brutale, non scherzo. L’Italia è tanto ricca di potenzialità quanto velatamente (manco troppo) squallida e retrò. Non vi agitate, calmi per favore! Non voglio ferire il vostro animo tricolore, sono italiano anche io e questa è la terra che mi ha dato i natali, ma ciò non toglie che al ritorno da un viaggio i raffronti possano causare sensazioni, pensieri, emozioni…

Di questo vorrei parlare: delle mie impressioni in merito e di vari pensieri/riflessioni di quanto visto in Japan. Sempre in maniera leggera e se possibile divertente.

Atterrato a Milano Malpensa la prima cosa che mi salta all’occhio è il finanziere addetto ai “controlli” in uscita che invece di guardare noi coi nostri bagagli chatta sul cellulare e se ne fotte. Chapeau! Penso all’arrivo a Tokyo, Narita airport ove oltre al posto di blocco munito di camere termiche dopo mi han preso le impronte digitali, fatto la foto degli occhi e chiesto dove avrei alloggiato e perché. Era così anche dieci anni fa. Non storcete il naso, è giusto! Ci sta. Si chiama sicurezza.

Vado al cesso. Si perché non me la sento di chiamarlo altrimenti… Flavour? Letamaio soleggiato il giorno di ferragosto. Peccato fosse Pasqua ma vabbè. In Giappone “di solito” (l’eccezione c’è ovviamente) persino nei bagni delle stazioni più affollate, molto affollate, ti senti in colpa a lasciare sporco il WC.

Ah! a proposito di cessi, una “stranezza” in un bagno Giapponese di una stazione di Osaka l’ho trovata: ma come la apri sta porta? forse questo è il bagno peggiore che ho trovato in loco, anche come pulizia.

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Bus per Torino ore 19.30 giusto? Sbagliato! Arriva in ritardo, parte in ritardo e costa quanto il treno che dalla capitale giapponese ti porta in aeroporto in 44 minuti.

Quanto dista? 80km circa. Non so se sia veloce o meno, ma a bordo la sensazione era quella di andar forte. Alla velocità della paura (cit. Matte).

La qualità non è la stessa, ma immagino sia ormai scontato no?

Ma eravamo a Malpensa. Il bus.

Appena il povero autista apre il portellone bagagli, i passeggeri in modo sparso e spazientiti si gettano come mosche sulla merda e impilano le valigie nella pancia del vetusto bus che manco Aleksej Leonidovic Pazitnov nel 1984 avrebbe saputo far di meglio.

Dai si scherza su…. due cose che mi han fatto sorridere (amaramente) al ritorno a casa.

Vi capita mai di fare pensieri simili al ritorno da un viaggio?

C6 o Cfai? Mah… io veramente: C64!

1982. Eh si, sempre in quegli anni li! Luogo? United States of Ammeriga. Chi? La Commodore. Questa azienda sforna un bel biscottone chiamato C64 destinato a diventare uno dei “personal” computer piú iconici di sempre. (Apple a parte).

Non ho usato quel termine a caso, tra gli appassionati il primo modello di C64 è in effetti chiamato con affetto “il biscottone“. Da noi mangiaspaghetti arriverà un annetto dopo, tra una suonata di mandolino e l’altra, era il 1983.

Continuerà ad essere venduto fino al 1993. Non male.

Il C64 è nato come fratello maggiore del precedente VIC-20 (1980). Presentava maggiore potenza grafica e sonora, ma a discapito della compatibilità. Di VIC-20 non ne ho mai avuto uno, ho un vago ricordo di una partita a “Superman” (credo) a casa di amici dei miei in un anno indefinito, ma null’altro quindi oh: fatevene una! Comunque era fatto come nell’immagine a lato e molto simile al C64:

vic20
il Commodore VIC-20

Sulle specs del C64 non mi dilungo, in quanto su Wikipedia trovate tutte le informazioni del caso: RUN

Ancora oggi sono moltissimi gli appassionati che ne parlano su siti, riviste, libri e blog quindi invece di raccontare la storia di questa meravigliosa macchina, mi limiterò a condividere pensieri, esperienze e considerazioni personali ad essa legati.

Dovete capire che in quegli anni le cose stavano in maniera diversa. Un computer (almeno per quanto mi riguarda) era una cosa alquanto futuristica, quasi fantascientifica, astratta! Non si sapeva esattamente cosa potesse fare “un computer” poiché nei primi anni ottanta pochi di noi ne avevano uno in casa e nessuno della combriccola avrebbe potuto immaginare quanto queste macchine si sarebbero diffuse ed avrebbero segnato la nostra infanzia e le nostre vite negli anni a venire…

Non è che potevi Googlare sul cellulare sai? No. Niente internet, niente porno e niente cronologia da cancellare, what a wonderful world… Al massimo potevi andare dall’edicolante e chiedere: “scusi, ha una rivista di computer?” per sentirti rispondere: “no“. (Invece c’era maledetto!) Ma comunque…. la vendetta con l’infame giornalaio sarebbe arrivata alcuni anni dopo, ma questa è un’altra storia….

Nell’immaginario collettivo ed ingenuo del tempo di noi rigazzini con esso tutto era possibile.. no, ma dico tutto eh? C’era ancora un alone di mistero attorno a quell’oggetto. I primi eletti iniziarono a pavoneggiarsi lanciando durante l’intervallo a scuola frasi come: “mio papà lavora col computer ed a volte mi ci lascia giocare” BOOM! la bomba! Lo Yo-Yo  Motta cadeva per terra dimenticato mentre lo Sprint veniva sputato per pronunciare la frase “ma, come… giocare???“.

Il computer. Che aggeggio portentoso doveva essere se poteva permettere ad un adulto di “lavorare”, ma soprattutto poteva far giocare noialtri! Ecco che l’oggetto del mistero, cominciava a diventare oggetto del desiderio per tutti noi che aspettavamo solo di rimanere a casa da soli per accenderlo e varcare la soglia di quella porta luminosa che dava accesso a mondi immaginifici. (si, sempre chi ne aveva uno in casa asd!)

A casa mia manco per sogno però! A mio papà non fregava nulla della tecnologia. Ricorderò sempre il mio amico Andrea, compagno delle elementari e delle medie che mi telefonò un pomeriggio dicendomi che se fossi passato di nascosto da casa sua avremmo potuto accendere l’IBM del padre e giocare un pochino ad un gioco di cui non ricordo manco il nome. Ricordo però che era monocromatico. Verde. A ripensarci ‘na bella cagata. Andai di corsa.

Si diceva del mistero, della fanciullesca ingenuità che ancora contraddistingueva i ragazzini degli anni ’80. Merito forse, di film come “Il computer con le scarpe da tennis (The Computer Wore Tennis Shoes 1969), Wargames giochi di guerra (1983), Explorers (1985), La donna esplosiva (Weird science 1985), Hackers (1995) o serie TV come Super Vicki (Small Wonder 1985) per citarne giusto un paio; fatto sta che la nostra fantasia era terreno fertile per ogni tipo di banfata galattica!

In quei film ragazzini senza nessuna preparazione informatica ed un computer potevano fare meraviglie di ogni sorta: introdursi in un maxicomputer militare e rischiare di scatenare una guerra termonucleare? Check. Materializzare una topa mozzafiato dal nulla e rimediare così al nostro status di imbranati cronici col gentil sesso? Check. Ricreare circuiti visti in sogno e costruire quindi una navicella capace di portarci fuori dal nostro sistema solare al cospetto di forme di vita extraterrestri teledipendenti? Check.

Commodore_64C

Finalmente nel 1987 o giù di li arriva in casa Grantorrone il primo computer: un C64C bello fiammante col suo Datasette. Avevo un unico gioco e la cosa durò per moltissimo tempo, credo mesi: Ghostbusters per C64! Il gioco era rigorosamente in inglese ed io ovviamente alle medie studiavo una lingua che può servire al giovane nerd in erba quanto uno snowboard ad un beduino nel deserto: il francese! Ci giocai moltissimo, senza capire esattamente cosa bisognasse fare per vincere. Ma siccome il primo film degli Acchiappafantasmi era, ed è tutt’oggi uno dei miei film preferiti di sempre, me ne importava il giusto e continuavo a giocare in modo compulsivo.

Bastava quel logo li nell’intro, la pallina in stile Karaoke sul testo della canzone, quella musichetta e per me era sufficiente! Agevolo l’intro pescata dal tubo: Ghostbusters C64 intro (courtesy of: Retro Arcade Classics). Non trattenete le lacrime, lasciatevi andare…

Potevi pimpare la Ecto-1, andare in giro per la città e catturare i fantasmi come nel film, attivando la trappola dopo averceli spediti sopra coi raggi protonici. (però ricordandosi di non incrociare mai i flussi, pena lo stop istantaneo della vita come tu la conosci e l’esplosione di ogni molecola del tuo corpo alla velocità della luce, si insomma: inversione protonica istantanea! cit.) Bella storia!

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Preso!

Ancora non sono sicuro di come si finisse il gioco, ma nonostante gli emulatori siano ormai a portata di mano non ho avuto il coraggio di rigiocarlo, nemmeno di guardare in internet un gameplay… forse per preservarne il bel ricordo.

Si diceva che ci giocai moltissimo. Doveva essere proprio vero, perché ricordo benissimo una scena in cui mia mamma parlando con una sua amica venuta a trovarla disse: “poverino gioca sempre e solo a quel gioco”… In merito voglio dire che all’epoca non c’era il concetto di “trama” in un videogame (non inteso come adesso almeno), magari nei tie-in di pellicole famose si ripercorreva su per giù quanto visto sul grande schermo, ma non si pensava di finire un gioco per vedere come evolveva una storia, ma ci si limitava a giocare per “vincere” (parola che mi suona ormai strana in questo contesto) ossia per poter dire: ” I’ve beaten the game!”. Che comunque non avrei potuto dire non sapendo l’inglese, ma pazienza. C’era poi anche il lato economico: ovvero non poter comperare i titoli in offerta su Steam a pochi spicci, oppure presso le grandi catene di negozi digitali sfruttando promozioni varie, no! Se volevi un gioco andavi presso i pochi negozi che li avevano in vendita e comperavi quasi sempre alla cieca, a prezzo pieno un titolo che poi magari era una ciofeca mastodontica. Nella migliore delle ipotesi lo avevi provato da un amico o magari avevi letto una recensione su Zzap! Altrimenti era pura esplorazione pioneristica ad 8-bit.

Dopo gli Acchiappafantasmi fortunatamente vennero altri titoli ai quali dedicai ore ed ore: Track & field (1983), Impossible mission (1984), G.I. Joe: A Real American Hero (1985), Ikari warriors (1986), IK+ (1987), Bubble Bobble (1987), The last ninja (1987), Samurai Warrior: The Battles of Usagi Yojimbo (1988), Zak McKracken And The Alien Mindbenders (1988), Turrican (1990) e molti, moltissimi altri…

Alcuni di questi giochi mi riportano alla mente ricordi di vario genere, ma tutti pregni di quel non so cosa ottantiano. Track & field era conosciuto nella cumpa come il distruttore di joystick! Essendo un simulatore di giochi olimpici consisteva nel riproporre al giocatore sfide sportive tipiche delle olimpiadi. Una in particolare, la corsa ad ostacoli era la colpevole di numerose rotture di controller poichè bisognava smanettare destra/sinistra in maniera furibonda per far correre l’omino e premere il tasto (ce n’era di solito uno solo) per saltare gli ostacoli. Noi si dava senza sosta alla povera levetta finchè non si sentiva il fatidico “crack!” seguito da rumore di pezzetti di plastica rotti che sanciva a) la fine della partita e b) il bisogno di rompere le balle ai genitori perchè ti comprassero un joystick nuovo.  Non ricordo di aver mai vinto la corsa ad ostacoli.

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la maledetta corsa.

G.I Joe, The last ninja e Samurai warrior. Il mio migliore amico dell’epoca, Fabio era la mia fonte ufficiale di videogames. Era il primo ad avere un gioco! sempre e comunque, ma soprattutto: lo aveva su floppy disk! I possessori di floppy disk erano esseri superiori, divini. Era loro concesso un tempo di caricamento nettamente inferiore rispetto ai comuni mortali dotati di cassettina a nastro magnetico…. per rendere l’idea il sopracitato Ghostbusters caricava una decina di minuti su cassetta prima di essere giocabile. Stateci voi a fissare lo schermo per dieci minuti e capirete.

Zak McKracken And The Alien Mindbenders. Aaaaaah! qui torniamo al discorso dello scoglio linguistico. Zak era un’avventura grafica punta e clicca, la prima che vidi in vita mia (negli anni a venire sarebbero andate forte). Aveva una trama ben sviluppata (uno dei rari casi) e tutta una serie di enigmi legati alla combinazione di oggetti, dialoghi con persone e locations da visitare per poter proseguire fino al finale della storia. Il gioco era rigorosamente in inglese, come fare quindi?

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una delle location

Ci si ritrovava a casa del buon Fabio (che in teoria sapeva l’inglese) e dizionario cartaceo alla mano si tentava di giocarci. Inutilmente. Anni dopo con l’arrivo dell’Amiga e l’inizio delle lezioni di inglese riuscii a giocarci in autonomia, ma senza mai terminarlo.

 

 

Quanti anni sono passati… Voi torroncini avete qualche ricordo legato agli anni del C64? Prima di salutare, vi agevolo un video pescato sul tubo che ripropone la schermata acida di caricamento su nastro del C64, non ci servivano droghe per sballarci, ci bastava fissare lo schermo!

C64 loading screen

Per il potere di Grayskull, io ho ehm!? 40 anni!

Eccoci! Il primo post su “”iGorgonauti“, fortemente ispirato dalla recente messa in onda su Netflix della miniserie: “I giocattoli della nostra infanzia“. (vedere subito!).

Presa visione della suddetta mi sono ritrovato prigioniero di una malinconostalgia incontrollabile e scaraventatomi in cantina ho recuperato in mezzo a ragnatele e quintali di polvere un sacchettone ove giacevano in paziente attesa i miei Masters da oltre vent’anni. HE-MAN, Battle-cat, Skeletor, Beast-man e ciurmaglia erano li dove li avevo lasciati. I loro nomi mi sono schizzati in mente immediatamente, senza la minima esitazione, ma… chissà se nel mio volto ormai adulto, questi piccoli guerrieri hanno riconosciuto il bambino per il quale in passato hanno combattuto innumerevoli battaglie e vissuto le più incredibili avventure? Una sensazione strana, tenera… pochi istanti e con la mente ero altrove. Nella casa vecchia, nella mia cameretta. I miei genitori in un’altra stanza, come sempre, mentre io predisponevo sul campo di battaglia gli eroi che per numerosi anni hanno riempito i miei pomeriggi, il lenzuolo stropicciato del letto era un mare in tempesta, il davanzale della finestra l’orlo dell’abisso… un mobile una roccia inamovibile. Per un istante era nuovamente il 1983.

Piccola nota stonata: non ho trovato in cantina il Castello di Grayskull, né tantomeno i gloriosi G.I. JOE, ma questa è un’altra storia….

Mi fa riflettere il fatto che nella vita di ogni Nerd, alcuni oggetti vengano messi da parte e dimenticati per poi scuotere il nostro interesse in età adulta come un coppino sulla nuca e creare così quella compulsione che ti spinge a ricomprarti la tua infanzia un pezzo alla volta. (oh! e che si lavora a fare sennò!?) Credo sia poi il punto focale su cui si basa il concetto di “collezionista adulto”. Se ci pensiamo è il motivo per cui ancora oggi, orde di trenta-quarantenni popolano i vari negozi delle nostre città che trattano giocatt.. ehm! action figures, visitano un mercatino dell’usato sperando nel colpaccio o setacciano la Baia alla ricerca del tal personaggio, veicolo, accessorio o pezzo da collezione. Spesso mi capita di imbattermi in oggetti degli anni ’80 ancora imballati, mai aperti… vere e proprie reliquie, nell’aspetto e nel prezzo! Mint condition boys, ocio! Sono sicuro che questi oggetti appartenenti a momenti più spensierati e felici della nostra vita, possano ancora oggi ridarci un pò di pace e allegria, sebbene ammantata in un velo di tristezza e che quindi valga la pena di ripescarli.

Non è un mistero che oggi più che mai, stiamo assistendo ad una vera e propria rinascita del genere “super eroe”. Partendo da Superman, X-MEN, DareDevil, Punisher, Tartarughe Ninja e passando per i vari Transformers, G.I. JOE e reboot vari come Ghostbusters, Star Trek, Star Wars e Godzilla. La lista è lunga. Vi sarete accorti anche voi che questi non sono eroi odierni o di nuova concezione, vero? Si cerca nel passato e si punta sui mostri sacri che più di 30 anni fa macinarono numeri da capogiro piuttosto che arrischiarsi a creare da zero. Chissà… magari tra 40 anni gli attuali bambini cercheranno su siti di compravendita online i pupazzi delle attuali serie TV.

Di conseguenza, nascono nuove case che producono il relativo pupazzame, basti pensare a: NECA, Super7, Sideshow Toy, Bandai solo per citarne un paio. Noi? Noi compriamo.

Pensieri… considerazioni…

Ed allora vogliamo dire due parole due sui Masters? Ovvio.

Per chi, come me, è entrato negli “anta” lasciandosi alle spalle gli “enta”, già il titolo basta per capire di cosa si parla. Per i più giovani o per chi è vissuto su Marte fino a ieri, magari è meglio spendere qualche parola su: HE-MAN and the Masters of the Universe (per noi italiani assetati bevitori di Billy all’arancia, più comunemente chiamati solo: “i Masters”).

I Masters of the Universe (MOTU) sono una linea di giocattoli (action figures) prodotta dall’azienda americana Mattel negli anni ottanta. Dominarono non solo l’universo, ma il mercato dei giocattoli per maschietti per ben otto anni, ovvero dal 1981 al 1988. Si tratta di un vero e proprio record per i tempi, ormai caratterizzati dall’avvento di giochi elettronici et similia.

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Inizialmente allegati ai singoli personaggi c’erano dei mini comics, oggi molto ricercati dai collezionisti, che aiutavano i ragazzini ad immergersi nel mondo dei MOTU e capire un pò che cavolo facessero questi pseudo culturisti in mutandoni durante le loro giornate e poter quindi replicare at home le mazzulate del caso tra HE-MAN ed il suo antagonista Skeletor.

Solo in seguito arrivò a dar manforte alle vendite della linea di giocattoli la Filmation. Questa casa di produzione di cartoni animati americana oggi (ahimè) fallita, produsse nel 1983 una serie televisiva che andò in onda per due stagioni ed un totale di 130 episodi. La serie animata era caratterizzata da un abbondante uso del rotoscopio, in grado di offrire animazioni fedeli alle movenze delle persone reali e dal frequente utilizzo di sequenze di repertorio che donavano un senso di ripetitività abbastanza marcato. (spesso venivano riproposte sequenze già viste, ma con sfondi differenti, personaggi ribaltati etc..)

Tipico delle produzioni Filmation era inserire a fine episodio dei pistolotti moralisti sul cosa era giusto fare e cosa no, (già all’epoca io li trovavo noiosissimi) ma utili a far digerire la spesa per la linea di giocattoli ai genitori del tempo che così potevano pensare ci fosse anche un lato educativo nel tutto.

In ogni caso la serie ebbe un enorme successo.

Bene, ma di che parla la storia dei MOTU? fondamentalmente il protagonista è il principe Adam, figlio di Re Randor, versione muscolosa anni ’80 del nostrano Nino D’angelo. Uno scugnizzo fancazzista che invece di andare in giro per le strade di Napoli con un jeans e una maglietta, vive ad Eternia vestendosi di rosa e portandosi dietro una tigre verde fifona di nome Cringer. Attenzione, attenzione però! Adam cela un segreto! ed all’occorrenza può alzare la sua spada al cielo, far comparire alle sue spalle il Castello di Grayskull (ovunque egli si trovi) e con formuletta di rito e qualche fulminello trasformare se stesso in HE-MAN ed il suo tigramico nella spaccaculi Battle-Cat! Ovviamente senza che mai nessuno se ne accorga. (su Eternia non esistono oculisti). Mi ripeto: Battle-cat era una figata astrale!

Eterno rivale di HE-MAN è Skeletor. Perfido stregone incappucciato dalla faccia scheletrica (ma dai!?) e dalla pelle azzurrognola. Al suo fianco ci sono vari personaggi come Beast-man, Mer-man, la strega Evil-lyn e molti altri. In generale tutti muscolosi, un pò goffi e tonti. Quasi sempre per colpa loro i maligni piani di conquista di Skeletor fracassavano miseramente.

un paio di curiosità:

Nel 1987 Gary Goddard omaggiò questa linea di giocattoli con il film: Masters of the Universe con Dolph Lundgren nel ruolo del fisicato biondino HE-MAN. La pellicola discostava abbastanza dalla storia originale ed introduceva un paio di personaggi pacco

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Gwildor nel film

tipo l’osceno Gwildor ed i cattivissimi Blade e Karg rappresentati poi nelle controparti giocattolose con, secondo me, risultati alquanto scarsi. Il film per quanto mi riguarda si salva per lo più per la presenza della super topa Courteney Cox, per una buona prova da parte dell’attore Frank Langella nei panni di Skeletor e perchè era l’unico modo per vedere sul grande schermo i nostri beniamini. Bon! guarda e muto bimbo nerd che questo c’é!

Agevoliamo ancora un paio di immagini:

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i cattivi nel film…
Masters Universe Movie Figures Gwildor Blade Saurod Bleit 1987 Rare (8)
.. e la controparte versione toy…
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Skeletor nel film
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e Dolph Lundgren versione HE-MAN

Nel 2002 la Mattel ha provato a rilanciare la serie di giocattoli con un design più moderno (affidato alla Four horsemen Studios), ma il successo degli anni andati non è stato replicato. Mi ricordo di averne presi un paio al Carrefour e di non averli mai più trovati in seguito se non sulla baia a prezzi altini. Devo dire che le action figures di questa serie erano abbastanza fighe.

Nel 1985 la Filmation ha realizzato uno spin-off di He-Man e i dominatori dell’universo chiamato: She-ra la principessa del potere. Serviva a promuovere una nuova linea di giocattoli a lei dedicata e vanta ben due stagioni.

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HE-MAN versione MOTU 200X

Alla linea di giocattoli 200X si affiancò anche una serie TV, dai disegni e dalle animazioni più moderne. Riuscii a comprare il cofanetto in DVD anni fa da uno store Ammerigano e devo dire che non era male…

Una foto di gruppo dei pupazzi originali anni ’80:

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The good old guys…

Attualmente la Funko, nota ditta che produce pupazzi su licenza ha prodotto nella linea POP alcuni MOTU. Si tratta di figures statiche in vinile alte circa 10cm.

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eccone alcuni

Di una qualità nettamente stellare le figures prodotte dalla Super 7. Introvabili li mortacci loro in Italia (almeno per me) e vendute a prezzi decisamente “power!”.

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veramente fighi!

Chiudiamo con una foto di alcuni dei miei ritrovamenti:

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Alcuni dei miei Motu direttamente dalla cantina.

(per chi volesse saperne di più, può cercare su Wikipedia: MOTU wikipedia).

Vi suggerisco due bellissimi libri, uno sulle illustrazioni dedicate ai MOTU e l’altro un compendio contenente tuuuuuutti i minicomics di cui sopra:

The Art of He-Man and the Masters of the Universe qui

He-Man and the Masters of the Universe Minicomic Collection qui